mercoledì 25 aprile 2018

Physiological consciousness and spiritual conscience - Coscienza fisiologica e coscienza spirituale


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Consciousness can not be explained only in terms of physiological functioning and it certainly has its own nature and reality. The observed is never separated from the observer, the image can not replace the substance. The mental individuation of forms and names is not sufficient to complete the picture of life giving it an entirety. Therefore, looking for a common matrix, in itself and at the same time all-encompassing, I questioned myself and I investigated the nature of the one who asks questions. I called this reflection on reflection: Lay Spirituality.

My journey towards the realization of the unity of life began in 1973, during a profound "spiritual" experience obtained in the presence of my Guru  Swami Muktananda. From that moment on I learned to recognize the environment, the people, everything that manifests itself in the world, as a projection of the same consciousness. Consciousness and matter are not separate. In view of this, my life took on new meaning and, seeing no division between the self and the other, my actions also conformed to this awareness. 

Everything manifests itself in every single part and every part shares everything. 

Later I found that this perception resembled the descriptions of bioregional and deep ecology's description. Putting this holistic feeling into practice is the spontaneous result of that initial experience, but it is not a traced path, it is essentially an ability to respond to different situations in the most appropriate way without having to resort to memory-based construction. 

Not that memory becomes useless or harmful, rather it acquires new meaning in consideration of the enrichment it receives  in every new experience, without having to submit to the obligation of a payment with previous experiences, so that it is not a trap in which to remain entangled. The recycling of memory is the ability to recover in other forms those ways that served the satisfaction of other and different experiences and situations. Not therefore memory in the repetitiveness of the reaction but in the increase of the ability to respond. Needless to try to give detailed explanations .. we could only define: capacity for growth. 

Paolo D'Arpini

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Testo italiano

La coscienza non può essere spiegata solo in termini di funzionamento fisiologico e sicuramente  possiede una sua propria natura e realtà. L'osservato non è mai scisso dall'osservatore,  l'immagine non può sostituirsi alla sostanza. L'individuazione mentale delle forme e dei nomi non basta a completare il quadro della vita dandogli un'interezza. Perciò alla ricerca di una matrice comune, a se stante ed allo stesso tempo onnicomprensiva, mi sono interrogato ed ho indagato sulla natura di colui che si interroga. Ho chiamato questo riflettere sulla riflessione: Spiritualità Laica. Il mio percorso verso la realizzazione dell'unitarietà della vita è iniziato nel 1973, durante una profonda esperienza "spirituale" ottenuta alla presenza del mio Maestro Swami Muktananda. Da quel momento imparai a riconoscere  l'ambiente, le persone, tutto ciò che si manifesta nel mondo, come una proiezione della stessa coscienza. Coscienza e materia non sono separati. In considerazione di ciò la mia vita assunse nuovo significato e non vedendo divisione fra l'io e l'altro anche il mio agire si uniformò a questa consapevolezza. Tutto si manifesta in ogni singola parte  e ogni parte  compartecipa al tutto. In seguito trovai che questa percezione aveva  una somiglianza anche  con le descrizioni  del sentire bioregionale e dell'ecologia profonda. Mettere in pratica questo sentire olistico è lo spontaneo  risultato di quella esperienza iniziale, ma non è un sentiero tracciato, è essenzialmente una capacità di rispondere alle diverse situazioni nel modo più adeguato senza dover ricorrere al costruito basato sulla memoria. Non che la memoria diventi inutile o dannosa, anzi acquista nuovo significato in considerazione dell'arricchimento che essa ne riceve ad ogni nuova esperienza, senza dover sottostare all'obbligo di una corresponsione con esperienze precedenti, in modo che non sia una trappola nella quale restare invischiati. Il riciclaggio della memoria è la capacità di recuperare in altre forme quei modi che servirono alla soddisfazione di altre e diverse esperienze e situazioni. Non quindi memoria nella ripetitività della reazione ma nell'accrescimento della capacità di risposta. Inutile cercare di dare dettagliate spiegazioni... si potrebbe solo definire: capacità di crescita.

(P.D'A.)

venerdì 20 aprile 2018

Everyone's personal mission - La missione personale di ognuno


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.... I can not fail to make some reflections after the bloody facts that more and more punctuate the daily news. Human society seems destined for disintegration and self-destruction. The forces of "good", that is the awareness of the unity of life, seem not to have sufficient strength to change the ruinous course of things that precipitate around us, and in us ...

We must not give up, the hope of success lies in our perseverance and courage in dealing with the contingencies. On the other hand, humanity has also experienced dramatic moments in the past, yet life and evolution have gone on.

As a carver slowly chisels a piece of wood to obtain a sculpture, so we continually perfect the work while we live. When a part of the work is completed, a sense of fulfillment is felt, but then we continue to work on another aspect of our person. According to the evolutionist theory we proceed through an ascending and infinite spiral in the context of a universal process. In I Ching it is called "constancy in mutation". a personal mission then takes place during the whole existence. ...

Therefore, despite the harshness of the times, we do not give up in our battle "for a community consciousness" ... The beauty of ecological syncretism is that we must (and can) have the courage to live with those who think differently from us, in awareness that ideas are only images that appear in the mind and therefore can not become sufficient reason for division within the human community.

And here I bring back some thoughts from "Things I learned in life" by Paulo Coelho:

- That no matter how good a person is, he will hurt you from time to time. And for this, it will be necessary that you forgive her.

- That takes years to build trust and only a few seconds to destroy it.

- That we do not have to change friends, if we understand that friends change.

- That circumstances and the environment have influence on us, but we are responsible for ourselves.

In this sentence are expressed some concepts that excite the awareness that none of us can be split or estranged from the society in which we live. The fact is that each of us is subject to changes in judgment and things necessarily change, so to fossilize oneself on a position is not wise.

At the same time it is correct and right for everyone to express their opinion, but these opinions - in my opinion - should not be enough reason for separation and division in the human context.

Paolo D'Arpini

La missione personale di ognuno


Testo italiano: 

....non posso esimermi dal fare alcune riflessioni dopo i cruenti fatti che sempre più costellano la cronaca quotidiana. La società umana sembra destinata alla disgregazione ed alla autodistruzione. Le forze del "bene", ovvero della consapevolezza dell'unitarietà della vita, sembrano non avere sufficiente forza per poter cambiare il corso rovinoso delle cose che precipitano attorno a noi, ed in noi…

La missione personale di ognuno

Non dobbiamo arrenderci, la speranza di riuscita sta nella nostra perseveranza e coraggio nell'affrontare le contingenze. D'altronde l'umanità ha vissuto anche in passato momenti drammatici eppure la vita e l'evoluzione sono andate avanti.
Come un intagliatore cesella lentamente un pezzo di legno fino ad ottenerne una scultura, così noi perfezioniamo continuamente l'opera mentre viviamo. Quando una parte dell'opera è compiuta si prova un senso di appagamento ma subito dopo si continua a lavorare su un altro aspetto della nostra persona. Secondo la teoria evoluzionista procediamo attraverso una spirale ascendente ed infinita nel contesto di un processo universale. Nel I Ching è chiamata "costanza nella mutazione". a missione personale quindi si compie durante l'intera esistenza.…
Perciò, malgrado la durezza dei tempi,  non demordiamo nella nostra battaglia "per una coscienza comunitaria"... Il bello del sincretismo ecologista  è che  si deve (e si può) avere il coraggio di convivere con chi la pensa diversamente da noi, nella consapevolezza che le idee sono solo immagini che appaiono nella mente e quindi non possono divenire sufficiente ragione di divisione all'interno della comunità umana.
E qui riporto alcuni pensieri da "Le cose che ho imparato nella vita" di Paulo Coelho:
- Che non importa quanto sia buona una persona, ogni tanto ti ferirà. E per questo, bisognerà che tu la perdoni.
- Che ci vogliono anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per distruggerla.
- Che non dobbiamo cambiare amici, se comprendiamo che gli amici cambiano.
- Che le circostanze e l´ambiente hanno influenza su di noi, ma noi siamo responsabili di noi stessi.
In questa frasi sono espressi alcuni concetti che inneggiano alla consapevolezza che nessuno di noi può essere scisso o estraniato dalla società in cui viviamo.  Il fatto è che ognuno di noi è soggetto a variazioni di giudizio e le cose necessariamente cambiano, per cui fossilizzarsi su una posizione non è saggio.
Allo stesso tempo è corretto e giusto che ognuno esprima la propria opinione, ma queste opinioni - secondo me - non dovrebbero essere sufficiente motivo di separazione e divisione nel contesto umano.
Paolo D'Arpini

lunedì 9 aprile 2018

Ramana Maharshi: "The final question" - Ramana Maharshi: “La domanda finale”


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Sri Ramana has said that we, each of us, are in essence really Jnani (knowers of the truth), that we move with the legs of externalization (coming out of oneself) and of internalization (entering into one's self). We all live under the same imperatives, we push ourselves towards the same realization.

Without exteriorization we could not manifest ourselves in the mirror of creation, which allows the Absolute to perceive itself. The deluded and the enlightened are both "necessary". The deluded can not choose. The liberated does not choose. Since there is no "choice". 

Upadesha Saram describes the path of "homecoming". Reading and absorbing its meaning means receiving "his liberating will", his Grace (n.13). Muruganar Sastri

Note 13 - Verily, Maharshi regarded everything as Divine Grace. When one of his devotees, Devaraja Mudaliar, complained of some facts that disturbed his mental stillness and asked whether such problems meant that Maharshi had withdrawn the flow of his grace, the Maharshi replied: "You silly companion, the problems or lack of peace come only because of grace "(Recollections, page 113)

...............

Reflections on the text:
When Ramana Maharshi affirms that all are Jnani evidently founds this affirmation in the Advaita (non-dual) knowledge in which there exists only the One without a two, for which each of us is considered the manifestation of that One and can not be others then that.

Ramana further specifies that in the play of Consciousness the One projects itself in the reflection of the mind and perceives it as separate - this process is called exteriorization - but at the same time the inverse thrust towards the interiorization (or the conscious return to Primigenia unit). 

Some aspects of the same One (which we define as entities or persons) manifest themselves as "deluded", others as "enlightened" -so appears in the mirror of the mind- to carry out the "comedy" of creation.  Using the words of the Maharshi this process "allows the One to perceive himself". Which means that for the purposes of cosmic play the antagonistic parts (the opposites) are necessary.

The ignorant can not choose, says the sage, because driven by a will, by a mysterious force in him that moves it according to the predispositions and qualities embodied, a sort of automatic action that has the appearance of voluntary maneuver, resulting from the feeling that we call "free choice". But even though it is apparently the result of our "arbitrariness", the accomplished action and its consequences are actually a simple projection of the energetic force of the One (Shakti).

The knower of the One (Jnani), which is only  the One in Consciousness, and therefore beyond any sense of limitation, and devoid of the notion of "better" or "worse" "right" or "wrong", does not choose, and indeed, what and how could he choose if he is present in everything?

The problem of the incongruity of such statements is only in the mind of the "spiritual seeker", who is "invited" to exercise discipline and self-control to make the "return home", he therefore believes that the works, practices, from him carried out,  they are functional to that "return", in fact they are only "a signal" of the return and absolutely not functional  to it. And then defining it as "return" is somewhat misleading - being a term suitable for the dual mind that thinks of concluding a path - in fact, how can one "return" to what one has always been? 

But in the present condition we can not do without using the language that is a form of sharing and communication in duality,  to express ourselves "absurdly" ....

The fact remains that the non-dual awareness of the Jnani, being incommunicable in words, can only be transmitted in the form of "grace" (we would also say "love" or "compassion"), such Grace is the constant and real nature of the One therefore the flow can never be interrupted. The state of the Jnani, and the Grace he emanates, is not dispensation or favor from the One to the many ... it is the simple permanence  in one's own nature, totally and absolutely One and therefore indistinguishable, and which can not be subdivided into "degrees". In this sense the presence of the Jnani is compared to the Divine Presence. And whoever consciously enters that Presence in it is absorbed and recognizes himself. 

This is the great mystery of the Presence.

Paolo D'Arpini

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Testo italiano

Sri Ramana ha detto che noi, ognuno di noi, siamo in essenza realmente Jnani (conoscitori della verità), che ci muoviamo con le gambe dell’esteriorizzazione (uscir fuori da sé) e dell’interiorizzazione (entrare nel proprio sé). Tutti noi viviamo sottoposti agli stessi imperativi, ci spingiamo verso la stessa realizzazione.

Senza l’esteriorizzazione non potremmo manifestarci nello specchio della creazione, che consente all’Assoluto di percepire se stesso. L’illuso e l’illuminato sono entrambi “necessari”. L’illuso non può scegliere. Il liberato non sceglie. Poiché non vi è “scelta”. Upadesha Saram descrive il sentiero del “ritorno a casa”. Leggere ed assorbire il suo significato vuol dire ricevere la “sua volontà liberatrice”, la sua Grazia (n. 13). Muruganar Sastri

Nota 13 – In verità Maharshi considerava ogni cosa come Grazia Divina. Allorché un suo devoto, Devaraja Mudaliar, si lamentò di alcuni fatti che disturbavano la sua quiete mentale e domandò se tali problemi significavano che Maharshi aveva ritirato il flusso della sua grazia, il Maharshi rispose: “Tu compagno pazzariello, i problemi o la mancanza di pace vengono solo a causa della Grazia” (Recollections, pag. 113).
……………….

Riflessioni sul testo:

Allorché Ramana Maharshi afferma che tutti sono Jnani evidentemente fonda tale affermazione nella coscienza Advaita (non duale) in cui esiste solo l’Uno senza un due, per cui ognuno di noi è considerato la manifestazione di quell’Uno e non può essere altri che Quello.

Ramana specifica ulteriormente che nel gioco della Coscienza l’Uno si proietta nel riflesso della mente e si percepisce come separato – questo processo è definito esteriorizzazione- ma allo stesso tempo sempre è in atto la spinta inversa all’interiorizzazione (ovvero del consapevole ritorno all’Unità primigenia).

Alcuni aspetti dello stesso Uno (che definiamo entità o persone) si manifestano come “illusi”, altri come “illuminati” -così appare nello specchio della mente- per espletare la “commedia” della creazione. Usando le parole stesse del Maharshi “consente all’Uno di percepire se stesso”. Il che significa che ai fini del gioco cosmico le parti antagoniste (gli opposti) sono necessarie.

L’ignorante non può scegliere, afferma il saggio, perché sospinto da una volontà, da una forza misteriosa in lui riposta che lo muove secondo le predisposizioni e qualità incarnate, una sorta di agire automatico che ha però la parvenza della manovra volontaria, derivante dalla sensazione che noi definiamo “libera scelta”. Ma pur essendo apparentemente risultato del nostro “arbitrio” l’azione compiuta e le sue conseguenze, sono in verità una semplice proiezione della forza energetica dell’Uno (Shakti).

Il conoscitore dell’Uno (Jnani), che è l’Uno stesso in Coscienza, e quindi aldilà di ogni senso di limitazione, e privo della nozione di “meglio” o “peggio” “giusto” o “sbagliato”, non sceglie, ed in effetti cosa e come potrebbe scegliere se è lui stesso presente in ogni cosa?

Il problema dell’incongruenza di tali affermazioni è solo nella mente del “cercatore spirituale”, il quale viene “invitato” ad esercitare disciplina ed autocontrollo per compiere il “ritorno a casa”, egli perciò ritiene che le opere, le pratiche, da lui portate a termine siano funzionali a quel “ritorno”, in effetti son solo “un segnale” del ritorno ed assolutamente non propedeutiche ad esso.

E poi definirlo “ritorno” è alquanto fuorviante –essendo un termine adatto alla mente duale che ritiene di concludere un percorso- infatti come si può “tornare” a ciò che si è sempre stati? Ma nella condizione presente non possiamo far a meno, utilizzando il linguaggio che è una forma di condivisione e comunicazione nella dualità, di esprimerci “assurdamente”….

Resta il fatto che la consapevolezza non duale del Jnani, essendo incomunicabile a parole, può essere trasmessa solo in forma di “grazia” (noi diremmo anche “amore” o “compassione”), tale Grazia è la costante e reale natura dell’Uno quindi non può esserne mai interrotto il flusso.

Lo stato del Jnani, e la Grazia da lui emanata, non è dispensazione o favore dall’Uno ai molti… è il semplice permanere nella propria natura, totalmente ed assolutamente Una e perciò indistinguibile, e che non può essere suddivisa in “gradi”. In tal senso la presenza del Jnani viene paragonata alla Presenza Divina. E chiunque entra consapevolmente in quella Presenza in essa viene assorbito e riconosce se stesso.

Questo è il grande mistero della Presenza.


Paolo D’Arpini

mercoledì 4 aprile 2018

Dialogue during a visit of Swami Yogananda to Sri Ramana Maharshi in 29th November, 1935 - Dialogo tra Swami Yogananda e Sri Ramana Maharshi tenuto il 29 novembre 1935


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In 1935 Yogananda visited the advaitist Venkataraman Aiyer, known as Ramana Maharsi (Dasgupta 2006: 82). Yogananda brought his secretary, Richard Wright and two others with him. This is recorded:

29th November, 1935. Talk 106

Swami Yogananda with four others arrived at 8.45 a.m . . . The group had lunch in the Asramam.
Mr. C. R. Wright, his secretary, asked: How shall I realise God?
M.: God is an unknown entity. Moreover He is external. Whereas, the Self is always with you and it is you. Why do you leave out what is intimate and go in for what is external?
D.: What is this Self again?
M.: The Self is known to everyone but not clearly. You always exist. The Be-ing is the Self. 'I am' is the name of God. Of all the definitions of God, none is indeed so well put as the Biblical statement "I AM THAT I AM" in EXODUS (Chap. 3). There are other statements, such as Brahmaivaham, Aham Brahmasmi and Soham. But none is so direct as the name JEHOVAH = I AM. The Absolute Being is what is - It is the Self. It is God. Knowing the Self, God is known. In fact God is none other than the Self.
D.: Why are there good and evil?
M.: They are relative terms. There must be a subject to know the good and evil. That subject is the ego. Trace the source of the ego. It ends in the Self. The source of the ego is God. This definition of God is probably more concrete and better understood by you.
D.: So it is. How to get Bliss?
M.: Bliss is not something to be got. On the other hand you are always Bliss. This desire is born of the sense of incompleteness. To whom is this sense of incompleteness? Enquire. In deep sleep you were blissful: Now you are not so. What has interposed between that Bliss and this non-bliss? It is the ego. Seek its source and find you are Bliss. There is nothing new to get. You have, on the other hand, to get rid of your ignorance which makes you think that you are other than Bliss. For whom is this ignorance? It is to the ego. Trace the source of the ego. Then the ego is lost and Bliss remains over. It is eternal. You are That, here and now . . . That is the master key for solving all doubts. The doubts arise in the mind. The mind is born of the ego. The ego rises from the Self. Search the source of the ego and the Self is revealed. That alone remains. The universe is only expanded Self. It is not different from the Self.
D.: What is the best way of living?
M.: It differs according as one is a Jnani [knower] or ajnani. A Jnani does not find anything different or separate from the Self. All are in the Self. It is wrong to imagine that there is the world, that there is a body in it and that you dwell in the body. If the Truth is known, the universe and what is beyond it will be found to be only in the Self. The outlook differs according to the sight of the person. The sight is from the eye. The eye must be located somewhere. If you are seeing with the gross eyes you find others gross. If with subtle eyes (i.e., the mind) others appear subtle. If the eye becomes the Self, the Self being infinite, the eye is infinite. There is nothing else to see different from the Self.
He thanked Maharshi. He was told that the best way of thanking is to remain always as the Self.
Talks with Sri Ramana Maharshi.

29th November, 1935. Talk 107

Later the Yogi (Swami Yogananda) asked: How is the spiritual uplift of the people to be effected? What are the instructions to be given them?
M.: They differ according to the temperaments of the individuals and according to the spiritual ripeness of their minds. There cannot be any instruction en masse.
D.: Why does God permit suffering in the world? Should He not with His omnipotence do away with it at one stroke and ordain the universal realisation of God?
M.: Suffering is the way for Realisation of God.
D.: Should He not ordain differently?
M.: It is the way.
D.: Are Yoga, religion, etc., antidotes to suffering?
M.: They help you to overcome suffering.
D.: Why should there be suffering?
M.: Who suffers? What is suffering?
No answer! Finally the Yogi rose up, prayed for Sri Bhagavan' s blessings for his own work and expressed great regret for his hasty return. He looked very sincere and devoted and even emotional.


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Testo italiano: 
Da una visita  di Swami Yogananda al saggio di Arunachala, Sri Ramana Maharshi 

Nel 1935 Yogananda visitò l'advaitista Venkataraman Aiyer, noto come Ramana Maharsi. Yogananda portò con sé il suo segretario, Richard Wright e altri due. 

Così  è registrato in Talks with Ramana Maharshi:  29 novembre 1935.  (dialogo  106) 
Swami Yogananda con altri quattro è arrivato alle 8.45. . . Il gruppo ha pranzato nell'Asramam.Il signor C. R. Wright, il suo segretario, ha chiesto: come posso realizzare Dio? 
M .: Dio è un'entità sconosciuta. Inoltre Lui è esterno. Mentre il Sé è sempre con te ed è tu. Perché lasci fuori ciò che è intimo e vai per ciò che è esterno?
D .: Cos'è di nuovo questo Sé?
M .: Il Sé è noto a tutti ma non chiaramente. Tu esisti sempre L'Essere è il Sé. 'Io sono' è il nome di Dio. Di tutte le definizioni di Dio, nessuno è davvero così bene come l'affermazione biblica "IO SONO QUELL'IO SONO" in EXODUS (Cap. 3). Ci sono altre affermazioni, come Brahmaivaham, Aham Brahmasmi e Soham. Ma nessuno è così diretto come il nome JEHOVAH = Io sono.  L'Essere Assoluto è ciò che è - È il Sé. È Dio. Conoscendo il Sé, Dio è conosciuto. In realtà Dio non è altro che il Sé.
D .: Perché ci sono il bene e il male?
M .: Sono termini relativi. Ci deve essere un soggetto per conoscere il bene e il male. Quel soggetto è l'ego. Traccia la fonte dell'ego. Finisce nel Sé. La fonte dell'ego è Dio. Questa definizione di Dio è probabilmente più concreta e meglio compresa da te.
D .: Così è. Come ottenere la felicità?
M .: La beatitudine non è qualcosa che devi conquistare. D'altra parte sei sempre Beatitudine. Questo desiderio nasce dal senso di incompletezza. A chi è questo senso di incompletezza? Indaga. Nel sonno profondo eri beato: ora non sei così. Cosa si è interposto tra quella Beatitudine e questa non beatitudine? È l'ego. Cerca la sua fonte e scopri che sei Beatitudine. Non c'è niente di nuovo da ottenere. Hai, d'altra parte, di liberarti della tua ignoranza che ti fa pensare che tu sei diverso dalla Beatitudine. Per chi è questa ignoranza? È per l'ego. Traccia la fonte dell'ego. Quindi l'ego scompare e la Beatitudine rimane. È eterna.  Tu sei Quello, qui e ora. . . Questa è la chiave principale per risolvere tutti i dubbi. I dubbi sorgono nella mente. La mente nasce dall'ego. L'ego sorge dal Sé. Cerca la fonte dell'ego e il Sé è rivelato. Questo solo rimane. L'universo è solo il Sé espanso. Non è diverso dal Sé.
D .: Qual è il miglior modo di vivere?
M .: Differisce in base al fatto che uno è un Jnani [conoscitore del Sé] o ajnani (ignorante della sua vera natura). Un Jnani non trova nulla di diverso o separato dal Sé. Tutti sono nel Sé. È sbagliato immaginare che ci sia un mondo separato, che ci sia un corpo in esso e che tu dimori nel corpo. Se  viene conosciuta la Verità, l'universo e ciò che è al di là di esso si troveranno solo nel Sé. Le prospettive variano a seconda della vista della persona. La vista è dell'occhio. L'occhio deve essere  indirizzato da qualche parte. Se stai vedendo con gli occhi grossolani, trovi gli altri  grossolani. Se con gli occhi sottili (cioè la mente) gli altri appaiono sottili. Se l'occhio diventa il Sé,  il Sé infinito, anche l'occhio è infinito. Non c'è nient'altro da vedere diverso dal Sé.
Il segretario ha ringraziato Maharshi, il quale  gli ha risposto che il miglior modo di ringraziare è rimanere sempre come il Sé.

Swami Yogananda  con Sri Ramana Maharshi novembre 1935.  (dialogo 107) 
Più tardi lo Yogi (Swami Yogananda) chiese: come si effettua l'elevazione spirituale delle persone? Quali sono le istruzioni da dare loro?
M .: Differiscono secondo i temperamenti degli individui e secondo la maturità spirituale delle loro menti. Non ci può essere alcuna istruzione in massa.
D .: Perché Dio permette la sofferenza nel mondo? Non dovrebbe, con la sua onnipotenza, eliminarlo con un solo colpo e ordinare la realizzazione universale di Dio?
M .: La sofferenza è la via per la realizzazione di Dio.
D .: Non dovrebbe ordinare diversamente?
M .:   Egli così ha indicato la via.
D .: Yoga, religione, ecc.,  sono antidoti alla sofferenza?
M .: Ti aiutano a superare la sofferenza.
D .: Perché dovrebbe esserci sofferenza?
M .: Chi soffre? Cos'è la sofferenza? 
Nessuna risposta da parte di Yogananda! 
Alla fine lo Yogi si alzò, pregò per le benedizioni di Sri Bhagavan per il proprio lavoro e espresse grande rammarico per la  sua frettolosa partenza. All'apparenza sembrava sincero, devoto e persino emozionato. 


Tratto dai dialoghi con  Sri Ramana Maharshi

martedì 3 aprile 2018

Wake up, oh man - Destati, oh uomo...


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Wake up, oh man, from the illusion of superficiality and separation. Recognize your inseparable belonging to life. 

On your journey back home you have forgotten who you are, intoxicating yourself in the vanity of material possession. 

You were afraid to swim, to float, in the great flow of life and you stopped on the dual banks of instinct and reason. Find out the indomitable Ulysses who is in you, oh man, do not give in to the sirens of oblivion.

Why do you limit yourself to wandering in the dark mists, following tracks in the round and round, ignoring the intuition of the spirit? Discover now the secret of your true identity,  do not manipulate  the signals of inner knowledge, make sure that that their meaning is understandable to you, observe vigilant ...

Look, you have created religions and doctrines, you have dazzled in ideologies, you have imprisoned your mind making it a servant of limitation and inferiority. You believed blindly in science, thus legitimizing the only material dimension. You have replaced the innate awareness of the self with the sterile information about becoming. Your culture is accumulation. Your trial has surrendered passively to the dialectic, you let yourself be duped, drunk of sterile notions and  now you  wander  unctuously  bloated with anything,  smug and indiscriminately prey to deception and self-induced  swindle.  At the mercy of unhealthy stimuli, oh my good man, you shut your eyes to the truth giving  yourself to unbridled orgy of fiction and -in your ignorance- you have defined it "success."

Man, tell me then, why did you give up love to prostitute yourself in a contract? Why did you make the role of Yin and Yang  "functional" by preventing them from meeting?  It is good time now for you to see what you've built inside and outside of you, watch carefully what you did to your food as you poisoned your water your air, as you manipulate your body and your mind. This is just the background of your stubborn illusion...

You have replaced the sacred with the ritual, you called war justice, you have accepted the allegiance calling it  freedom, you spread addiction and bankruptcy by establishing financial economy. Now find out the result: fear anger frustration repression hate stupidity. Oh man, it is the right time for you to awaken, oh blessed man.

Paolo D'Arpini

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Testo italiano

Destati, oh uomo, dall’illusione della superficialità e della separazione. Riconosci la tua appartenenza inscindibile alla vita. 

Nel tuo viaggio di ritorno a casa hai dimenticato chi sei, inebriandoti nella vanità del possesso materiale. 

Hai avuto paura di nuotare, di galleggiare,  nel grande flusso della vita e ti sei fermato sulle  sponde duali dell’istinto e della ragione.  Scopri orsù l’Ulisse indomito che è in te, oh uomo, non arrenderti alle sirene dell’oblio.  

Perché  ti limiti a vagare nelle nebbie oscure,  seguendo tracce in tondo in tondo,  ignorando l’intuizione dello spirito? Scopri ora il segreto della tua vera identità, non manipolare i segnali chiari della conoscenza interiore, assicurati che il loro significato ti sia comprensibile, osserva vigile…   

Guarda, hai creato religioni e dottrine, ti sei abbagliato nelle ideologie, hai imprigionato la tua mente rendendola serva della limitazione e dell’inferiorità. Hai creduto ottusamente nella scienza legittimando così la sola dimensione materiale. Hai sostituito la consapevolezza innata  del sé con la sterile informazione sul divenire. La tua cultura è accumulazione. La tua sperimentazione si è arresa passivamente alla dialettica, ti sei lasciato abbindolare, ubriaco di nozioni sterili, e vaghi untuosamente  pregno di niente, tronfio e senza  discernimento preda d’inganno e  truffa auto-indotte.  In  balia di stimoli malsani, oh mio buon uomo,  hai serrato gli occhi alla verità  cedendo all’orgia sfrenata della finzione e -nella tua ignoranza-  l’hai definita “successo”.   

Uomo, dimmi dunque, perché hai rinunciato all’amore per prostituirti in un contratto? Perché hai reso funzionale il ruolo dello Yin e dello Yang impedendone l’incontro?  E’ tempo buono ora che tu veda quel che hai costruito dentro e fuori di te, guarda attentamente quel che hai fatto al tuo cibo, come hai avvelenato la tua acqua la tua aria, come hai manipolato il tuo corpo e la tua mente. Questo è solo il retroscena della tua caparbia illusione… 

Tu hai sostituito il sacro con il rito, hai chiamato la guerra giustizia, hai accettato la sudditanza definendola libertà,  hai diffuso  la dipendenza e l’insolvenza stabilendo l’economia fiannziaria.   Ora scopri il risultato: paura rabbia frustrazione repressione odio stupidità. Oh uomo è  il tempo giusto per te di risvegliarti, oh uomo benedetto.

Paolo D’Arpini

domenica 1 aprile 2018

Self consciousness in natural or lay spirituality - Coscienza di sé nella spiritualità naturale o laica


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Dipinto di Carlo Monopoli

Language is not just semantics. Yet there is already within the mind a "seed" that allows the understanding of subtle concepts, which have no correspondence in the material world. For example, when a child learns to speak and write, it does not only determine the objects: table, food, dog, etc ... There are also concepts and feelings that are "recognized" intuitively, for a sort of internal admission that goes beyond example.

In this case it is assumed that there is already an innate pre-knowledge of these concepts, in short, language is nothing more than a description of something we already have inside. The same can be said of the knowledge of life. Is life born of the inorganic but if it were not already present in matter in germinal form, how could it arise and be transformed into intelligence and consciousness? From this it follows that consciousness and intelligence are like a "fragrance" of matter and therefore there is no real separation. The difference is only in the phase ...

Life is a manifestative expression of matter. Starting from this general consideration we observe that the evolutionary thrust of this intelligence / life evolves through different states of awareness. In the thought forms there are descriptive degrees of the maturity assumed by this intelligence. Let us leave out for the moment the aspects closest to emotionality, to instinct, and take into consideration only the "spiritual" aspects of human thought. We observe that both the West and the East are describing the separative and unifying aspects of the mental process (solve et coagula: "believing is static, experimenting is dynamics").

In old Greece as in India there has been talk of dual thought and non-dual thought. In dual thought (dvaita) every separative crystallized form is inserted, such as theism and atheism. These two categories are in fact seen as facets of the same separative conformation. The theist is he who believes in a God separate from himself, imagines him as a superior and endowed with immense powers and sees himself as a creature at his mercy. The theist believes that his own existence is consequential and secondary to God. 

The atheist likewise believes that  he does not believe, that is, he denies all substance to the hypothetical God basing his belief on materialistic relativism. The theist and the atheist are both  arrogant proponents  of their "truth" (presumed or imagined). Obviously both these faiths are based on the smallness and separateness of the ego and need a continuous and constant effort to affirm or deny, a frustrating attempt that does not take into account the first agent, the I, if not in passive form and marginal. This dual way of thinking is the same  both for   the religious and for the materialistic atheist who believes in cause-effect or in the fortuitousness of chance. It is a purely speculative path, based however on one creed, on considering oneself as small separate elements of something that maybe slowly science (or religion) will corroborate.  But we know that the horizon is always ahead ... never reachable, in short we are lost in nothing .... In the emptyness. 

The next phase of self-knowledge is defined as non-dual (advaita), in this case we begin to take into account the subject, the consciousness through which every perception and feeling are possible, the matrix of one's existence is recognized in awareness. In this category the agnostic and the gnostic are placed. 

At the base of the research of the agnostic there is the direct experience and the overcoming of the descriptive conceptualization. The empirical experience is brought to its extreme consequences with the recognition of the constant presence of the ego in the process involved. Thus the model of believing in pre-constituted truth is overcome by accepting the intrinsic reality of the experimenter who experiments. 

So the agnostic essentially expresses a lay spirituality. The agnostic knows that there can be no other certainty than that of the experimenter but at the same time there is still no definitive realization. The individual consciousness has not merged into the universal consciousness although the intuition of the primordial unity of the whole remains. That being the case he can not say, he says he does not know, his wisdom is in progress, in maturation. 

The agnostic can no longer identify with a specific form name and at the same time lacks the undifferentiated awareness of the self and therefore does not affirm or deny. But his constant and continuous discernment finally comes to an unexpected and spontaneous flowering, and here the individual intelligence melts and comes to maturity, the consciousness knows itself, gnosis (jnana).

The gnostic (jnani) does not feel the need to declare anything, his realization is total and definitive, beyond any separative concept, his presence is not limited to a name form, he knows himself as the inseparable whole from which each of us comes and She resides.

On the other hand, the gnostic has no means of expressing his experience, since human language is very distant from the direct experience of the Self. In fact, first there is the awareness of the self, then the consciousness of the individual self that assumes a form in the mirror of the mind, then the reflection of the thought and finally the description of the spoken or written language. 

The sage sees no difference between himself and others, he knows that the basis is the same for everyone (matter-spirit in continuous transformation), he "knows" that consciousness and existence are inseparable in absolute unity (one without two). But his experience - which is the common nature of all - can be recognized and perceived by spontaneous  sympathetic empathy  from the mature spirit.  

In this four-step process, between dualism and non-dualism, the whole game of life and consciousness is manifested.

Paolo D'Arpini

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Testo italiano

Il linguaggio non è solo semantica. Eppure c’è già all’interno della mente un “seme” che consente la comprensione di concetti sottili, che non hanno corrispondenza nel mondo materiale.
Ad esempio quando un bambino apprende a parlare ed a scrivere, non segue solo esempi concreti: tavolo, cibo, cane, etc… Vi sono pure i concetti e sentimenti che vengono “riconosciuti” intuitivamente, per una sorta di ammissione interna che va aldilà dell’esempio.
In questo caso si presuppone che vi sia già una pre-conoscenza innata di tali concetti, il linguaggio insomma non è altro che descrizione di un qualcosa che abbiamo già dentro. La stessa cosa si può dire della conoscenza di vita.

La vita nasce dall’inorganico ma se non fosse già presente nella materia in forma germinale come potrebbe sorgere e trasformarsi in intelligenza e coscienza? Da ciò se ne deduce che la coscienza e l’intelligenza sono come una “fragranza” della materia e quindi non vi è reale separazione.
La differenza è solo nella fase…
La vita è un’espressione manifestativa della materia.
Partendo da questa considerazione generale osserviamo che la spinta evolutiva di questa intelligenza/vita si evolve attraverso stati diversi di consapevolezza. Nelle forme pensiero esistono gradi descrittivi della maturità assunta da questa intelligenza.

Tralasciamo per il momento gli aspetti più vicini all’emozionalità, all’istinto, e prendiamo in considerazione solo gli aspetti “filosofici” del pensiero umano.
Osserviamo che sia in occidente che in oriente vengono descritti gli aspetti separativi e unificativi del processo mentale (solve et coagula ovvero: “il credere è statico lo sperimentare dinamico”).

In Grecia come in India si è parlato di pensiero duale e pensiero non-duale.
Nel pensiero duale (dvaita) viene inserita ogni forma cristallizzata separativa, come il teismo e l’ateismo.
Queste due categorie infatti sono viste come sfaccettature della stessa conformazione separativa.
Il teista è colui che crede in un dio separato da sé, lo immagina in veste di essere superiore e dotato di immensi poteri e vede se stesso come creatura alla sua mercé.

Il teista crede che la sua propria esistenza è consequenziale e secondaria al dio. L’ateo parimenti, crede di non credere, ovvero nega ogni sostanza all’ipotetico dio basando il suo credo sul relativismo materialista.
Il teista e l’ateo sono arroganti affermativi della propria “verità” (presunta od immaginata).

Ovviamente entrambe queste fedi si basano sulla piccolezza e separatezza dell’io ed abbisognano di uno sforzo continuo e costante per affermare o negare, un tentativo frustrante che comunque non prende in considerazione l’agente primo, l’io, se non in forma passiva e marginale. Questo modo di pensare duale è lo stesso sia per il religioso che per l’ateo materialista che crede in causa-effetto o nella fortuità del caso. E’ un percorso puramente speculativo, basato comunque sul credere, sul ritenersi piccoli elementi separati di un qualcosa che magari pian piano la scienza (o la religione) corroborerà. Ma sappiamo che l’orizzonte è sempre più avanti… mai raggiungibile, insomma siamo persi nel nulla…. Nel vuoto.

La fase successiva dell’auto-conoscenza si definisce non-duale (advaita), in questo caso si inizia a tener conto del soggetto, della coscienza attraverso la quale ogni percezione e sentimento sono possibili, si riconosce nella consapevolezza la matrice della propria esistenza. In questa categoria si pongono l’agnostico e lo gnostico.

Alla base della ricerca dell’agnostico si pone l’esperienza diretta ed il superamento della concettualizzazione descrittiva. L’esperienza empirica viene portata alle sue estreme conseguenze con il riconoscimento della costante presenza dell’io nel processo implicato. Viene superato così il modello del credere in verità precostituite accettando la realtà intrinseca dello sperimentatore che esperimenta. Per cui l’agnostico esprime sostanzialmente una spiritualità laica.

L’agnostico sa che non può esserci altra certezza che quella dell’esperimentatore ma allo stesso tempo non vi è ancora realizzazione definitiva. La coscienza individuale non si è fusa nella coscienza universale benché permanga l’intuizione dell’unità primigenia del tutto. Stando così le cose egli non può affermare, egli dice di non sapere, la sua è una saggezza in fieri, in maturazione.

L’agnostico non può più identificarsi con un nome forma specifico ed allo stesso tempo manca della consapevolezza indifferenziata del sé e quindi non afferma e non nega. Ma il suo costante e continuo discernimento giunge infine ad una inaspettata e spontanea fioritura, e qui l’intelligenza individuale si scioglie e giunge a maturazione, la coscienza conosce se stessa, la gnosi (jnana).

Lo gnostico non sente il bisogno di dichiarare alcunché, la sua realizzazione è totale e definitiva, aldilà di ogni concetto separativo, la sua presenza non è limitata ad un nome forma, egli conosce se stesso come il tutto inscindibile dal quale ognuno di noi proviene e risiede.
Lo gnostico d’altronde non ha mezzi per esprimere la sua esperienza giacché il linguaggio umano è molto distante dall’esperienza diretta del Sé.
Infatti prima c’è la consapevolezza del sé, poi la coscienza dell’io individuale che assume una forma nello specchio della mente, quindi la riflessione del pensiero ed infine la descrizione del linguaggio parlato o scritto. Il saggio non vede differenza alcuna fra se stesso e gli altri, sa che la base è la stessa per ognuno (materia-spirito in continua trasformazione), egli “conosce” che la coscienza e l’esistenza sono inscindibili nell’assoluta unità (uno senza due). Ma la sua esperienza -che è la comune natura di tutti- può essere riconosciuta e percepita per spontanea simpatia empatica  dallo spirito maturo.

In questo processo a quattro fasi, fra dualismo e non-dualismo, si manifesta tutto il gioco della vita e della coscienza

Paolo D'Arpini